Ringrazio calorosamente un amico, che cortesemente mi ha inviato l'articolo relativo al Macchi M.33 che ho trascritto qui sotto. Buona lettura.
" Ritiratosi l'ing. Tonini, progettista capo della casa produttrice Macchi divenne Mario Castoldi. Sua prima affermazione fu il progetto dell'idrocorsa che avrebbe equipaggiato la squadra italiana per l'edizione 1925 della Coppa Schneider. Dopo lo "shock" diffuso tra i costruttori europei dalla dimostrazione di efficienza fornita dagli Americani nel 1923, si cercò dovunque di orientale le nuove costruzioni su concetti radicalmente più moderni e Castoldi passò al monoplano a sbalzo con arditezza di concezione. Come nell'M.19, l'ultimo idrocorsa Macchi, si scelse l'elica trattiva, con conseguente sistemazione arretrata dell'abitacolo. Sotto l'influenza dell'affermazione americana, il motore prescelto fu il Curtiss D.12, da 450CV, che fu installato su un castello sopra lo scafo, con una profilata carenatura e coi radiatori dell'olio sui lati con soluzione originale e non ortodossa.
Circa l'architettura generale dell'idrovolante poco altro può dirsi, dato che la formola monoplana a sbalzo semplificava straordinariamente iniziando una nuova epoca per simili apparecchi. Non va trascurato il fatto che fin allora tutte le macchine che si erano affermate - comprese le americane che dovevano portar via la Coppa dall'Europa - erano biplani di tipo più o meno perfezionato ed affinato, ma che tuttavia dovevano sacrificare non poco della loro velocità massima alla formola strutturale; passando al monoplano a sbalzo si faceva in realtà un progresso costruttivo nettissimo che avrebbe meritato fin dall'inizio miglior sorte.
Sfortunatamente ciò non avvenne perché memore del fatto di tanti promettentissimi idrocorsa che non avevano resistito a moti ondosi di qualche violenza, lasciando vincere vecchi residuati di guerra che invece tenevano il mare, Castoldi diede eccellenti qualità marine al suo M.33, che era ancora del tipo a scafo. A Baltimora però le condizioni di tempo furono buone, e ciò fu un male per i nostri due idrocorsa (numerati 6 e 7) che alle doti nautiche avevano sacrificato altrettanta finezza, risultando inferiori ai biplani a scarponi - del resto muniti di motori più potenti - degli Americani. Il velivolo di Moselli non potè prendere il via poiché non era stato montato in tempo; quello di De Briganti arrivò terzo, con la media di 217Km/h. Dopo questa lezione anche in Italia si abbandonò definitivamente la formula a scafo per idrocorsa, e l'M.33 passò all'addestramento dei piloti del Reparto Alta Velocità.
Le sue caratteristiche sono: apertura alare 10m; lunghezza 8.29; altezza 2.68; superficie portante 15 mq; peso a vuoto 975Kg, totale 1255; velocità massima 350Km/h. "
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