Dopo la bruciante sconfitta inferta all'Aeronautica italiana ad opera degli inglesi sulle acque veneziane nel nono appuntamento della Coppa Schneider (25 settembre 1927), lo Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare, sotto la pressione di Italo Balbo, aveva deciso di giocarsi il tutto per tutto per vincere l'edizione successiva che si sarebbe tenuta in Inghilterra nel 1929.
Tra le aziende che hanno "gonfiato il petto" e risposto alla chiamata la FIAT fa capolino decisa a mostrare le proprie capacità nelle costruzioni aeronautiche oltre che allo sviluppo di motorizzazioni.
Infatti l'azienda torinese non era sconosciuta nell'ambiente, avendo dimostrato di essere in grado di realizzare motori sufficientemente competitivi per partecipare alla corsa, voleva dimostrare anche la sua ingegneristica presentandosi al concorso con un modello completamente "made in Fiat", il C.29.
Piccola nota sul nome: C.29 sia l'acronimo di Corsa del 29, non ho fonti che mi possano confermare questa affermazione ma... è bello pensarla così!
La FIAT affidò alla sapiente matita dell'ing. Celestino Rosatelli la realizzazione del nuovo modello che, fin da subito, si contraddistinguette per una tecnica rivoluzionaria.
Piccolo, con un peso molto basso e una potenza eccezionale era un gioiello di meccanica, l'intero aereo venne realizzato e concepito attorno al motore come se alla FIAT si siano detto:
« Bene Signori, abbiamo un motore che deve volare. Mettiamoci due ali, un pilota e tutta la buona volontà per battere gli inglesi! »
Tecnicamente perfetto e con soluzioni invidiabili, non si dimostrò però un valido velocista rispetto ai modelli rivali in concorso. Con soli 1.160Kg a pieno carico e con il suo propulsore FIAT AS.5 che erogava 1000cv, il C.29 viene descritto come un velivolo difficile da gestire e condurre in gara.
Al suo arrivo a Desenzano, l'aereo venne affidato alle abilità del pilota Mario Bernasconi che fu protagonista di un incidente che portò alla luce gravi problemi di instabilità dell'aereo in tutte le fasi operative; da una prima analisi, si convenne che i problemi del velivolo erano imputabili ad un'errata posizione del redan negli scarponi.
La FIAT procedette con un ristudio dei galleggianti riuscendo a risolvere il problema ma, fin dal primo volo nel giugno del 1929 sotto la conduzione del Sergente Maggiore Francesco Agello, raffigurò ancora una volta come l'aero era instabile e di difficile conduzione.
Nella sua permanenza a Desenzano, il C.29, subì varie modifiche e altrettanti incidenti che indussero il prodotto FIAT avvicinarsi per soluzioni tecniche ai Macchi rivali in concorso.
Nello sviluppo fanno capolino anche il cupolino completamente chiuso e la colorazione rossa con relativa attribuzione del numero di serie N.129.
Tra le aziende che hanno "gonfiato il petto" e risposto alla chiamata la FIAT fa capolino decisa a mostrare le proprie capacità nelle costruzioni aeronautiche oltre che allo sviluppo di motorizzazioni.
Infatti l'azienda torinese non era sconosciuta nell'ambiente, avendo dimostrato di essere in grado di realizzare motori sufficientemente competitivi per partecipare alla corsa, voleva dimostrare anche la sua ingegneristica presentandosi al concorso con un modello completamente "made in Fiat", il C.29.
Prototipo alle prove di flottaggio e decollo. |
Piccola nota sul nome: C.29 sia l'acronimo di Corsa del 29, non ho fonti che mi possano confermare questa affermazione ma... è bello pensarla così!
La FIAT affidò alla sapiente matita dell'ing. Celestino Rosatelli la realizzazione del nuovo modello che, fin da subito, si contraddistinguette per una tecnica rivoluzionaria.
Piccolo, con un peso molto basso e una potenza eccezionale era un gioiello di meccanica, l'intero aereo venne realizzato e concepito attorno al motore come se alla FIAT si siano detto:
« Bene Signori, abbiamo un motore che deve volare. Mettiamoci due ali, un pilota e tutta la buona volontà per battere gli inglesi! »
Tecnicamente perfetto e con soluzioni invidiabili, non si dimostrò però un valido velocista rispetto ai modelli rivali in concorso. Con soli 1.160Kg a pieno carico e con il suo propulsore FIAT AS.5 che erogava 1000cv, il C.29 viene descritto come un velivolo difficile da gestire e condurre in gara.
Al suo arrivo a Desenzano, l'aereo venne affidato alle abilità del pilota Mario Bernasconi che fu protagonista di un incidente che portò alla luce gravi problemi di instabilità dell'aereo in tutte le fasi operative; da una prima analisi, si convenne che i problemi del velivolo erano imputabili ad un'errata posizione del redan negli scarponi.
La FIAT procedette con un ristudio dei galleggianti riuscendo a risolvere il problema ma, fin dal primo volo nel giugno del 1929 sotto la conduzione del Sergente Maggiore Francesco Agello, raffigurò ancora una volta come l'aero era instabile e di difficile conduzione.
Nella sua permanenza a Desenzano, il C.29, subì varie modifiche e altrettanti incidenti che indussero il prodotto FIAT avvicinarsi per soluzioni tecniche ai Macchi rivali in concorso.
Nello sviluppo fanno capolino anche il cupolino completamente chiuso e la colorazione rossa con relativa attribuzione del numero di serie N.129.
Le prove di velocità continuarono fino al 16 luglio dello stesso anno quando dopo una serie di voli, nella manovra di atterraggio i galleggianti incontrarono ad alta velocità un'onda generata dalla scia di un motoscafo che scatenarono nell'aereo una reazione improvvisa ponendolo in posizione verticale sulla coda.
La tragicità dell'impatto portò alla distruzione del N.129 ma senza conseguenze per il pilota F.Agello, la FIAT rispose fornendo immediatamente al reparto di Desenzano un nuovo C.29 con il numero seriale N.130 che già integrava le modifiche apportate nel N.129 ma la sorte non voleva proprio vedere questo aereo partecipare alla Coppa Schneider.
Passò poco tempo che il nuovo velivolo si schiantò nel lago, ancora una volta senza conseguenze per il pilota, quindi un nuovo restauro e ripresa dei voli con un nuovo seriale N.130bis.
Purtroppo la difficoltà di messa appunto e la fresca memoria dei due incidenti, spinsero la FIAT al ritiro dalla competizione lasciando spazio al più collaudato Macchi M.52r.
foto di Luigi Gorena, marzo 1973 |
Che considerazioni si possono fare su questo velivolo? Sicuramente va ricordato come il banco di prova del motore FIAT AS.5 che solo qualche anno dopo, "gemellato", ha dato vita e concretezza al record di velocità che tutti conosciamo... tuttavia questo velivolo ha una linea che mi piace moltissimo, a tratti impacciata, a tratti filante che rappresenta un'icona di giunzione tra passato, presente e futuro. Volendo forzare un raffronto solo per divertimento... non vi viene in mente nessuna navetta spaziale di qualche film di fantascienza?
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